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Venerdì
cinque settembre del 1986, è mezzanotte. Due operai, in
località
Piscopìo di Roccaforte del Greco, nel cuore dell'Aspromonte, si
recano ad una casermetta situata a 500 metri dal cantiere della diga in
costruzione sul Menta, per preparare una carica con cui far saltare una
parte della roccia in cui viene scavata una galleria di sette
chilometri
per due metri di diametro: Michele Poeti, 24 anni, autista, e Domenico
Cambareri, 44 anni scendono dal furgone, cominciano a prelevare
l'esplosivo,
nel locale ce ne sono 150 chili. All'improvviso un boato squarcia la
montagna.
I
compagni di lavoro trovano solo parti del corpo di Michele Poeti;
l'altro
è letteralmente polverizzato; del deposito e del furgone non
c'è
più alcuna traccia. "L'ora tarda di questa operazione -spiega il
giornale- è giustificata dal fatto che i lavori vanno avanti
senza
soste, 24 ore su 24".
E
di fatti la Ferrocemento-Italstrade di Roma, aggiudicataria
dell'appalto,
assieme alla subappaltante SALCOS, ed alla
sub-sub appaltante GiEnne (la stessa ditta di cui Calabria si
è occupata nel riferire del subappalto dei lavori di costruzione
della nuova sede del Consiglio Regionale, a Reggio) sembrano avere una
fretta del diavolo per realizzare questo invaso da 18 milioni di metri
cubi, progettato dalla ELC - Electroconsult di Milano.
Certo,
i due poveri operai non potevano sapere che, nel 1979, a Milano c'era
qualcuno, come la Electroconsult, che stava studiando quanta acqua
sarà
consumata dopo 37 anni, nel 2016,
"nel territorio litoraneo dei comuni di Scilla, Villa San Giovanni,
Campo
Calabro, Reggio Calabria, Motta San Giovanni, Montebello Ionico e San
Lorenzo".
E'
bello sapere che c'è sempre qualcuno che si preoccupa della
Calabria,
a Milano, specie in un periodo in cui montano preoccupanti rigurgiti
antimeridionali
ed anticalabresi. Non sarebbe male se, qualche volta, anche i calabresi
fossero messi a parte di queste buone intenzioni di beneficarli,
chiedendo
anche il loro modesto pensiero.
La
giusta preoccupazione su una stimata mancanza di 52 milioni di metri
cubi
d'acqua nel 2016, (se prima non ci sarà il problema del day
after) trovò
comunque
un immediato, sensibile riscontro a Roma, dove nel 1979 la
sollecitudine
per la Calabria non era minore che nel capoluogo ambrosiano, specie
all'Ufficio Acquedotti della Cassa per il Mezzogiorno, che nell'ambito
del
Progetto Speciale n°26 trovò il tempo di finanziare la diga,
con la sollecita approvazione del Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici.
Progettazione e direzione dei lavori furono affidati alla
Electroconsult,
a cui oggi è pure affidato lo studio sugli eventuali danni
ambientali
che porterebbe la diga da essa stessa Electroconsult progettata.
Detto,
fatto (si fa per dire) l' opera è partita da un preventivo di
spesa
di un' ottantina di miliardi, ma già oggi viaggia alla
velocità
di 210 miliardi, tanto da interessare l'on. Giacomo Mancini, che ha
rivolto
un anno fa un'interrogazione al presidente del consiglio dei ministri
Goria (titolare del Mezzogiorno) perché disponesse "un'accurata
e rigorosa indagine … per capire in quale modo sia giustificato, sul
piano
tecnico, l' ammontare delle perizie suppletive disposte e connesse con
questo elenco dei nuovi prezzi disposti, e, infine, se la consistente
differenza
esistente, tra l'importo di aggiudicazione dell'appalto, e quelli
finora
ottenuti con le perizie e quello prevedibile a conclusione dei lavori,
rientri in una situazione di normalità o di
eccezionalità".
Anche
il senatore Giuseppe Petronio, oggi sottosegretario al Mezzogiorno, ha
espresso qualche perplessità, facendo intendere che
bisognerà
fare un'accurata valutazione sull'utilità dell'impresa. Analoghe
posizioni, con diverse accentuazioni, si sono determinate da parte
dell'ex assessore regionale all' industria Pino Iacino e dell'ex
assessore
all' urbanistica Augusto Di Marco, che aveva chiesto ai suoi uffici
dati
e riferimenti tecnici. Un richiamo all'esercizio delle competenze
regionali
è venuto in tempi più recenti dall'attuale assessore
all'industria, Francesco Costantino, che ha dichiarato che "la Regione
non
può rinunciare alle sue prerogative ed a far valere le sue
ragioni
una volta che assume la titolarità del finanziamento di opere
così
importanti […] Il minimo che la Regione può e deve fare
-ha detto
ancora Costantino- è quello di sottoporre la questione al
rispetto
dei vincoli necessari, prima di procedere al finanziamento dell'opera
con procedure discutibili e sospette".
Queste
valutazioni sono state integrate dal suo collega assessore ai lavori
pubblici
Aniello Di Nitto, che ha ricordato che la giunta ha trattato della diga
sul Menta il 23 febbraio 1988. "Su mia proposta -dice l'assessore- si
è deciso di mantenere la richiesta di finanziamento di 80
miliardi
per le adduttrici a valle dell' invaso che serviranno a portare l'acqua
potabile verso Reggio […] in attesa di conoscere l'esito dei controlli
che i tecnici stanno effettuando sul problema. Se non sarà
possibile
continuare la costruzione, dovrà essere possibile spostare,
nell'emergenza, i finanziamenti".
Sul
tema delle prerogative che le istituzioni devono esercitare in materia
di controllo dell' impatto ambientale, si è espresso anche Mario
Laface, consigliere comunale a Reggio, che ha chiesto al sindaco se
è
vero che "il comune di Reggio, l'amministrazione provinciale, la stessa
Regione sono state escluse sin dal momento della progettazione
dall'opera".
Laface denuncia anche "con l'avvio dei lavori, danni
all'approvvigionamento
idrico di Reggio, in quanto la realizzazione anche di una sola galleria
per convogliare le acque comporta il grave rischio dell'abbattimento
delle
falde acquifere esistenti". Ed a queste falde fa pure riferimento uno
studioso della storia di Reggio, Franco Arillotta, che ha
pubblicato
una mappa dei possibili nuovi punti di prelievo che già esistono
nel centro storico. "I dati riguardanti la stratigrafia del terreno su
cui sorge la nostra città -dice Arillotta- sono pubblicati in
note
opere scientifiche. La captazione delle acque nella zona bassa della
città
non supera i dieci metri di profondità. Non è il caso di
affidarsi alle debolissime speranze dello sbarramento del
Menta,
legate a fenomeni ipoteticamente intensi di piovosità".
Su
tesi completamente opposte il sindacato. Una riunione
tra
segreterie confederali e categorie degli elettrici, edili e braccianti
di CGIL, CISL, UIL, il 3 marzo scorso, produce un documento in cui si
sostiene
che "l'ultimazione dell'opera riveste
un grande valore produttivo, economico, sociale e turistico, in quanto
le acque del Menta dovranno essere utilizzate a scopo naturalmente
idrico,
ma anche irriguo ed energetico. Inoltre c'è da evidenziare l'
influenza
positiva che l'ultimazione della diga avrà nel settore
occupazionale".
*
* *
Sull'argomento, fino a qualche tempo fa
sconosciuto se non fosse stato per la
robusta iniziativa del settimanale reggino "I
giorni", diretto da Antonio
La Tella, si è scatenata una dura polemica ambientalista.
A più riprese, giornali come Repubblica,
Il
Messaggero, Gazzetta del Sud, Il Giornale di Calabria, L' Espresso (con
un articolo di Fulco Pratesi), Il Sole 24 Ore, ed infine il
prestigioso National
Geographic, hanno
denunciato in termini critici quello che ritengono uno scempio
ecologico,
costoso quanto non necessario né utile.
Sono
intervenute le associazioni ambientaliste, come il Comitato Ambiente e
Territorio, "Gente in Aspromonte", la LIPU, il Kronos 1991, il WWF -
Fondo
Mondiale per la Natura, la Lega Ambiente dell' ARCI, l' ENPA, il
Circolo
Calcidese. Tutte queste forze culturali hanno inoltrato due denunce
alla
magistratura, ai ministeri interessati, alla Procura Generale della
Corte
dei Conti, per i possibili rilievi penali ed amministrativi dell'
operazione.
La
diga non è soltanto inutile e pericolosa, devastante per
l'ambiente,
ricordano, ma anche illegale, come hanno già scritto nelle loro
denunce alla Corte dei Conti ed alla Procura
Generale
della Repubblica di Reggio gli ex ministri dei Lavori pubblici,
Nicolazzi,
dell'Ecologia, Zanone ed il ministero per l'Agricoltura e Foreste.
Quando
infatti fu approvato il progetto, nel 1979, l' area era vincolata (e lo
è tuttora) dalla legge istitutiva del parco nazionale della
Calabria
(l'unico nel meridione) approvata il 2 aprile del 1968, che esclude
espressamente
che all'interno del parco si possano realizzare manufatti in cemento
armato
(per la diga se ne devono riversare 2,1 milioni di metri cubi), strade
(è prevista una "circumlacuale" di 3 km) o si possano modificare
i regimi idrici. Né vale a sanare l'illegalità (e
quantomeno
l'illegittimità) dell' operazione il fatto che, a posteriori
rispetto
alla progettazione, al finanziamento, della gara d' appalto, e comunque
solo prima della consegna del cantiere
dell'opera (avvenuta l' 11 marzo 1985), sia stato approvato di
soppiatto
in Parlamento un emendamento ad un decreto legge per la Calabria,
presentato
il 12 dicembre 1984 per coprire gli stipendi dei forestali:
lapidariamente,
l'art. 3, non senza una certa kafkiana ironia, spiega che "in deroga ai
divieti previsti dalla legge 2/4/1968… è consentita la
realizzazione
delle opere concernenti l'acquedotto intersettoriale del Menta".
In
tema di legittimità odierna, comunque, c'è una relazione
tecnica ad uso interno, prodotta da funzionari regionali, che fa il
punto
sull'iter fisico-burocratico dei lavori.
"Sono
stati disboscati 127 ettari, -dice la relazione- con regolare
autorizzazione
dell'Ispettorato Forestale in data 15/7/85, prima dell'entrata in
vigore
della legge Galasso, la 431 dell' 8/8/1985". Ventiquattro giorni prima,
per l'esattezza.
"All'interno di questa zona -prosegue la
relazione- la società SALCOS
ha richiesto:
1)
Autorizzazione per la costruzione di una discarica di materiali inerti
su 29.400 metri quadri, per un'altezza di mt. 35. La discarica, a diga
riempita, risulterà sommersa. Relativamente alla costruzione
della
discarica esiste il Decreto del Presidente della Giunta Regionale
n°961
dell' 11/8/87 ai fini paesaggistici ed ambientali.
2)
Autorizzazione per l'apertura della cava di prestito per la costruzione
del corpo diga. La cava è stata autorizzata ai fini
idrogeologici
ma non esiste il nulla osta ai fini ambientali e paesistici.
3)
Autorizzazione all'apertura della strada circumlacuale sul perimetro
dell'
invaso. L'autorizzazione è stata concessa, ai fini tecnico -
forestali,
per il tratto C'-C e A-B, mentre per il tratto C-B è occupato
dal
Parco Nazionale (c'è il riferimento ad una cartina
topografica
allegata. NdR) . Per la strada circumlacuale non è stato
ancora
emesso il nulla osta ai fini ambientali di cui all' art. 1 della legge
Galasso citata.
Per
quanto riguarda la zona invaso, essa è in parte competenza del
Parco
Nazionale, in parte è già espropriata ma non autorizzata
al taglio.
Si
ritiene che, -conclude la relazione tecnica- stando così le
cose,
non è opportuno proseguire con pareri settoriali, separati e non
coordinati nel loro insieme, mentre sarebbe opportuno esaminare il
progetto
nella sua interezza ai fini della sopracitata legge
Galasso
e della influenza che l'opera andrà a determinare sull'
ambiente".
Cosa
dicono gli scienziati? Quei pochi che parlano mostrano di pentirsene
rapidamente,
come il prof. F. Macchione, del
Dipartimento
di Difesa del Suolo dell'Università della Calabria, che in un
convegno
ad Amantea ha presentato una sua dotta relazione sull'impatto climatico
della diga, da cui risulta che in circostanze analoghe c'è "un
aumento
dell' umidità relativa dell'aria maggiore
del 21%".
La
tesi di una consistente modifica del clima locale è stata
confermata
dal prof. Giuseppe Frega, direttore dello
stesso dipartimento. Il prof. Loreto Rossi,
che insegna Ecologia all'università "La Sapienza" di Roma, dice
che "per l'elevata evaporazione che l'acqua subisce in queste zone si
hanno negative ripercussioni sui terreni irrigati per coltivazione, i
quali
tendono ad arricchirsi di sali e a diventare completamente
inutilizzabili.
L'alta concentrazione di solfati e
cloruri porta ad una desertificazione
del territorio".
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Ma
è proprio vero che manca l'acqua a Reggio e dintorni? Da quando
sono iniziati i lavori della diga, si direbbe che, quasi d'incanto,
sì.
Ma Fulco Pratesi sull' Espresso, e
Antonio Cederna su Repubblica
spiegano
che a Reggio si perde per strada quasi il 50% dell' acqua. Come: da una
parte, perdite delle condutture; dall'altra, Cassa per il Mezzogiorno
e comune hanno braccia ampie e materne: fare controlli è
oggettivamente
pericoloso per l'incolumità fisica: ci sono centinaia di
prelievi
abusivi sulle colline circostanti, da parte di agricoltori non proprio
rispettabili, ma che comunque ci tengono assai a farsi chiamare gente
di
rispetto.
Ci
sono poi costruttori (anch'essi parecchio
di rispetto) legali ed abusivi, che hanno realizzato nel corso degli
ultimi
vent' anni quasi 22.000 vani al di fuori di ogni regola: ebbene, tutte
le volte che si apriva un cantiere, essi ottenevano il permesso di una
fornitura industriale d'acqua per il cantiere con un contratto a
forfait.
Finiti gli immobili, però, si contano sulla punta delle dita
quelli
che hanno restituito tubi e contatori, per la felicità degli
inquilini
che, finché la barca va, non pagano acqua e stanno molto freschi.
(*Pubblicato
su “Calabria” - rivista mensile del Consiglio Regionale della Calabria
- Agosto 1988)